N. B. Nella “SERA DI TUTTI I SANTI” (31 ottobre) si usava, tra canti e preghiere (e qualche panino imbottito), invitare anche alcuni Santi a partecipare alla festa. Giovani, con abiti appropriati, presentavano i vari Santi.
SAN BIAGIO – VESCOVO e MARTIRE
Sono San Biagio. Molti mi conoscono come protettore dal male della gola e, il giorno della mia festa, vengono a pregarmi e a ricevere una speciale benedizione.
Sono vissuto qui sulla terra circa 1700 anni fa. Prima facevo il medico; poi mi hanno fatto vescovo, quindi sempre medico ma per guarire dalla malattia dell’ignoranza, insegnando il Vangelo, e per guarire dal peccato come ministro di Gesù.
La mia vita non è stata facile. Voi a Ferentino conoscete l’imperatore Diocleziano che ha fatto uccidere Sant’Ambrogio, perché era cristiano.
Questo imperatore ha fatto del male anche ai fedeli della mia diocesi e a me vescovo. Prima mi ha messo in carcere, dove con le mie preghiere, ho salvato dalla morte per soffocamento un prigioniero giovanissimo che aveva inghiottito una lisca di pesce.
Poi, ho subito il martirio, come Sant’Ambrogio, per rimanere fedele a Gesù.
Non pensate che, stando in cielo, non ho niente da fare! Devo proteggere i medici nel loro servizio e tutti voi contro i mali della gola.
Se vi viene il mal di gola, io sono a vostro servizio.
BEATA M. CATERINA TROIANI
Sono Maria Caterina Troiani; prima però, quando sono stata battezzata, mi hanno chiamata Costanza.
Sono nata a Giuliano di Roma, qui vicino, ma sono cresciuta e sono stata educata nel monastero di S. Chiara della Carità, qui a Ferentino.
Avevo sedici anni e ero già diplomata maestra, quando mi sono consacrata nella vita religiosa.
Fin da fanciulla avevo sognato di trovarmi in mezzo a numerose morette abbandonate. E un giorno il mio sogno si è avverato. Con altre sei missionarie sono partita per l’Egitto per dedicarmi all’istruzione e l’educazione di fanciulle, specialmente povere, di qualsiasi colore, nazione e religione.
Perché la mia missione per le morette potesse continuare ho invitato ad aiutarmi altre sorelle che ho chiamate “Suore Francescane Missionarie d’Egitto”.
Queste sorelle oggi lavorano in tanti paesi e continenti.
Ma questo lo sapete perché lavorano e sono benemerite anche qui a Ferentino.
BEATO EUGENIO III – PAPA
Sono il beato papa Eugenio terzo. Il vostro Parroco tante volte vi ha parlato di me, perché come Papa sono stato più tempo a Ferentino che a Roma.
Ma vi racconto un po’ la mia storia.
Al battesimo mi hanno chiamato Bernardo, e forse è stato il mio nome a farmi incontrare un altro Bernardo, quello di Chiaravalle, fondatore dei Monaci Cistercensi; siamo diventati amici; anzi lui è stato mio maestro, e sono diventato anch’io cistercense. Ho fatto, come monaco, il voto di obbedienza: per questo ho dovuto obbedire ai cardinali che mi hanno eletto come papa, primo Papa cistercense.
Erano tempi difficili per la Chiesa e per il papa. Per questo sono rimasto poco a Roma; e per questo sono stato a lungo a Ferentino, quasi un anno intero.
I Ferentinesi mi hanno sempre voluto bene; e ho avuto la gioia, proprio qui in questa meravigliosa Chiesa, di celebrare una Messa solenne, con la consacrazione di alcuni santi vescovi.
So che ogni anno qui celebrate la mia festa e vi ringrazio di cuore.
SAN BERNARDO di CHIARAVALLE
Sono San Bernardo di Chiaravalle, il secondo fondatore dei Monaci Cistercensi.
La mia famiglia era nobile e ricca, e io volevo essere nobile e ricco, ma di amore e di grazie nel Signore Gesù. Per questo a 22 anni sono diventato Monaco, seguito presto dai miei fratelli e da un folto gruppo di giovani, attratti dal mio entusiasmo di vivere tutto per Gesù.
Non è stato facile unire lo studio e la contemplazione, come monaco, e insieme un’intensa attività pastorale come predicatore e pacificatore nelle contese che dividevano le nazioni cristiane d’Europa. Ho avuto però un grande aiuto dai fratelli monaci dei tanti monasteri che ho fondati dalla Spagna alla Siria, e dalla Sicilia alla Svezia. I miei monasteri, oltre che centri di vita religiosa, erano e sono anche scuole di agricoltura e di varie arti.
Tra le cose più belle che ho fatto, voglio ricordare le molte opere di commento alla Sacra Scrittura.
Andando come pellegrino da una nazione all’altra per riconciliare le nazioni in discordia e per ricomporre l’unità nella Chiesa, ho avuto l’occasione di venire anche a Ferentino. Qui ho trovato un buon popolo che ho incoraggiato a rimanere sempre fedele al Papa. …
Dimenticavo di dire che venendo a Ferentino, ho portato alcuni monaci: quelli che hanno costruito la vostra, … la nostra Chiesa di Santa Maria Maggiore.
SAN FLAVIO CLEMENTE – PAPA e MARTIRE
Sono San Flavio Clemente; alcuni mi chiamano solo Clemente.
Ma io ci tengo a chiamarmi Flavio Clemente, perché ero giovane ancora quando fui adottato dalla famiglia Flavia, divenendo così parente della famiglia imperiale dei Flavi e del console Flavio Clemente e di sua moglie Flavia Domitilla, famiglia legata alla storia di Ferentino e benemerita dei Ferentinati che a Flavia Domitilla dedicarono il teatro e le terme.
Nei miei studi di filosofia cercavo sempre la verità che potesse illuminare la mia mente e dare pace al mio cuore. Un giorno ascoltavo una predica dell’Apostolo Barnaba e trovai quello che cercavo da tempo. Barnaba mi battezzò e mi condusse dall’Apostolo Pietro che da allora cominciò ad avere grande stima di me e voleva che diventassi suo successore come Papa.
Ho goduto anche della stima dell’Apostolo Paolo che mi ebbe per qualche tempo compagno di apostolato a Filippi, nella Macedonia di Grecia.
Ero tutto preso dalla preghiera e dallo studio.
Ma dovetti cedere alle pressioni del popolo e del clero e assumere l’incarico di papa che Pietro stesso voleva affidarmi.
Sono passati tanti anni, ma ho ancora come una spina nel cuore. Nell’esercizio del mio ministero di vescovo di Roma e della Chiesa universale, avevo scritto una lettera ai Corinzi per ristabilire la concordia e la pace all’interno di quella comunità ecclesiale. Oggi ancora non c’è piena comunione tra la Chiesa Bizantina e la Chiesa Latina.
SAN LORENZO MARTIRE
Sono San Lorenzo. Pochi sanno che non sono originario di Roma, ma della Spagna, dove sono nato.
E’ a Roma che ho tanti amici e devoti.
Ma anche a Ferentino, dove nei tempi antichi avevano costruita una Chiesa in mio onore. Rimane però il nome alla zona: “San Lorenzo” e anche un rifiorire della devozione verso la mia persona, grazie anche ad Anna Capitano e Sonia.
Venuto a Roma quando ero ancora molto giovane, sono stato il segretario di Papa Sisto II.
Era il tempo delle persecuzioni contro i cristiani e l’imperatore Valeriano ordinò l’arresto del Papa, che fu ucciso con il taglio della testa. Qualche giorno dopo anch’io fui arrestato. L’imperatore voleva impadronirsi dei beni della Chiesa, prepotenza spesso ricorrente nella storia. Io gli presentai i poveri affermando che quelli erano i veri tesori della Chiesa.
L’imperatore, furibondo, diede ordine di collocarmi su una graticola e di bruciarmi.
Non mi sono spaventato, anzi, con ironia, ho detto ai carnefici: “L’arrosto è quasi pronto, giratelo e mangiatelo”.
Sono molto venerato in Amaseno dove si conserva una ampolla con il mio Sangue che si scioglie ogni anno in occasione della mia festa.
SAN REDENTO – VESCOVO
Sono San Redento. Molti diranno: ma chi è costui? E un po’ mi dispiace.
Sono stato Vescovo di Ferentino per circa 25 anni; molti non mi conoscono perché sono passati oltre 1400 anni.
Devo ringraziare Papa Gregorio Magno che ha avuto ammirazione per la mia persona e il mio ministero e che di me parla nei Dialoghi, ricordando che siamo stati confratelli, come monaci benedettini, vivendo per qualche tempo nello stesso monastero.
Vi faccio una confidenza. « Un giorno che visitavo, come d’abitudine, le parrocchie di Ferentino, giunsi alla chiesa del Beato Martire Eutichio, dove ora sorge la Chiesa di San Giovanni Evangelista. Era sera, e volli che il letto mi fosse preparato presso la tomba del Santo. Come molte volte accade, nel mezzo della notte, mi trovavo in uno stato di sonnolenza, e il mio spirito era agitato. Mi apparve così Sant’Eutichio, e pronunziò queste parole:
«Si avvicina la fine di tutti gli uomini ». Poi, svanì.
Poco più tardi, infatti, l’invasione dei barbari Longobardi devastava l’Italia, e fu un flagello così terribile che molti lo ritennero davvero la fine del mondo. Questa visione ha ancora valore per voi. La barbarie è sempre pronta a sommergervi; a devastare la Chiesa più insultata che amata.
SANT’AGATA VERGINE e MARTIRE
Sono Sant’Agata e qui a Ferentino ho molti devoti, anche se sono nata lontano, a Catania in Sicilia. La mia famiglia era ricca e nobile e io, come dicevano quelli che mi vedevano, ero di una straordinaria bellezza. Per questo il governatore di Catania voleva sposarmi, ma io dissi che ero cristiana e non volevo sposarmi con un pagano. Lui, allora, mi fece infliggere varie persecuzioni, gettare in carcere e torturare orribilmente anche facendomi cavare gli occhi e facendomi tagliare i seni. Unico conforto per me fu la apparizione dell’Apostolo Pietro che guarì le mie ferite.
Non contento di tutte queste malvagità, alla fine mi fece uccidere.
Ma io non sono morta perché vivo nella gloria di Dio con i miei splendidi occhi con i quali posso ammirare la bellezza di Dio.
SANT’AMBROGIO MARTIRE
Devo dirvi chi sono? Ma a Ferentino tutti mi conoscono bene. Sono Sant’Ambrogio. Ero molto giovane quanto sono entrato al servizio dell’imperatore come fedele soldato, ma non per fare la guerra: per mantenere l’ordine, come fanno oggi i Carabinieri.
Prima ho svolto il mio servizio in Spagna; poi sono stato mandato qui a Ferentino, dove sono rimasto ammirato dalla bontà della gente; una bontà che non mi spiegavo. Allora ho cercato di capire. E ho saputo che tanti cittadini di Ferentino erano di una particolare religione, diversa da quella pagana che conoscevo. Ma erano perseguitati dalle autorità romane.
Ho voluto capire di più, con l’aiuto di un sacerdote di nome Caio. E sono stato battezzato nel nome di Cristo.
Qui, dove ci troviamo adesso, a quei tempi c’era la casa di un cristiano chiamato Valerio Gaio; nella sua casa, di nascosto, i cristiani si riunivano per spezzare il Pane.
Una sera mi sono fatto coraggio e sono entrato anch’io. Immaginate la sorpresa e anche la paura dei presenti che pensavano che ero venuto per arrestarli.
Io li ho rassicurati dicendo che anch’io ero cristiano e li consideravo fratelli, pregandoli di accettarmi come loro fratello.
La cosa si è risaputa e alcuni pagani mi accusarono, davanti al preside Daciano, che governava la città, di essere cristiano e di rifiutare il culto agli dei. Il preside Daciano, con promesse di colmarmi di onori e poi con minacce tentò in tutti i modi di farmi rinnegare la fede. Mi fece togliere il grado di ufficiale, mi fece gettare in prigione, e sottoporre a orribili torture.
Quando si è reso conto che ero irremovibile nella fede di Cristo, mi fece condannare a morte con il taglio della testa.
Poveretto, lui!!! perché la mia testa è qui e coronata di gloria.
SANT’APOLLINARE
Sentite bene il mio nome, perché è un nome che a Ferentino non si usa più: sono Sant’Apollinare.
Sono nato ad Antiochia in Siria. Qualcuno dirà: come sei arrivato qui?
Ero molto amico dell’Apostolo Pietro e quando Pietro è partito per andare a Roma, ha voluto che lo accompagnassi.
Il viaggio era lungo e faticoso; ogni tanto bisognava fermarsi per riposare. Prima con la nave fino a Pozzuoli, poi a piedi per la via Latina, quella che voi chiamate Casilina. Così siamo giunti a Ferentino.
Qui Pietro ha trovato che c’erano tanti cristiani, ma non avevano il Vescovo; perciò, quando lui è ripartito per Roma, io sono rimasto qui come vescovo.
Ora sono lassù in cielo, ma il mio cuore è rimasto a Ferentino, e ogni sera, prima che voi andate a dormire, se guardate su, fate un bel segno di croce perché io continuo a benedirvi.
SANTA LUCIA di FERENTINO
Sono Santa Lucia. L’anno scorso mi avete guardato con sospetto perché non vedevate il piattino con gli occhi sopra! Ma poi mi avete riconosciuta. Sono Santa Lucia, quella proprio di Ferentino che ancora pochi mi conoscono, anche se il vostro Parroco parla spesso di me e vi invita alla mia festa il giorno 6 luglio. Con Santa Lucia di Siracusa siamo molto amiche. Sono felice di stare qualche minuto con voi. [Sono contenta che c’è anche il sindaco, perché ero amica del sindaco di allora che si chiamava Rixio Varone].
Io ero molto bella, elegante e colta; tanti giovani erano innamorati di me; e anche Rixio Varone, che allora era il sindaco di Ferentino. Ma io già fidanzata con un altro che mi voleva ancora più bene e che io amavo tanto, più di qualunque altra cosa: Gesù.
Seppe così che io era cristiana e consacrata a Cristo.
Se la mia bellezza e la mia dolcezza avevano conquistato il cuore di Varone, la mia fortezza nella fede conquistò la sua anima. Varone diventò anche lui seguace di Cristo. Non ci furono feste di nozze, ma gioie di Paradiso quando solo qualche giorno dopo, serenamente, forti della forza che solo la fede in Cristo può dare, varcammo la porta Sanguinaria della città per entrare, gloriosi nel martirio, nella vita eterna.
Ora torno su; e porto i vostri saluti anche a Rixio Varone, Antonino, Severino, Diodoro, Dione e agli 17 amici che con noi quel giorno scelsero di vivere con Gesù.
SANTA CLAUDIA VALERIA PROCULA
Io sono Santa Claudia Valeria Procula. Non mi meraviglio se non tutti mi conoscono.
Per questo ero incerta se scendere a farvi visita; poi mi ha fatto coraggio la nostra concittadina Santa Lucia; perché anche io sono di Ferentino, come certamente saprete, anche se sono vissuta tanto tempo lontano. Ero da poco sposata quando il mio cugino Claudio Tiberio Cesare imperatore affidò a mio marito Ponzio Pilato l’importante e difficile missione di Procuratore della Giudea; e dovemmo partire per quella terra lontana.
E quel 6 aprile del 17° anno dell’imperatore Claudio Tiberio Cesare mi sono trovata a vivere il dramma dell’Uomo di Nazaret, Gesù.
Lo avevo già incontrato un anno prima a Cesarea; stava parlando a dei pagani della sua dottrina, che era dottrina di speranza. Mi avevano impressionato i suoi discorsi pieni di saggezza e di profonda umanità. Il suo grande rispetto per le donne, in un mondo dove non sono tenute in considerazione.
Quel giorno, durante il processo, pensavo che mio marito mi avrebbe ascoltato quando gli ho detto che ero convinta della innocenza del Galileo. Ma … sapete come sono i politici: per loro conta più il potere che la coscienza, più l’ordine che la giustizia, più il quieto vivere che la verità.
E così si è lavato le mani. Ho provato pena per lui. E ho provato un amore più grande per Gesù; e ho fatto la mia scelta. Quando Ponzio Pilato, poi, fu esiliato in Gallia, ho preferito seguire Gesù e non l’ho più abbandonato. Mi ha sorriso quando gli ho detto che scendevo a salutarvi; e ora torno da lui. Ciao a tutti.
SANTA ROSALIA
Sono Santa Rosalia. Vi confesso che ho fatto tanta fatica per venire da voi. Ma non per il lungo viaggio. Noi, anche se non si vedono, abbiamo delle ali speciali e in un istante dal cielo arriviamo sulla terra. Ma ho dovuto convincere quelli di Palermo che sono piuttosto gelosi di me, come voi siete gelosi di Sant’Ambrogio. Voi avete scelto Sant’Ambrogio come protettore perché vi ha liberato dall’invasione dei Turchi e quelli di Palermo mi hanno proclamata loro protettrice perché li ho liberati dalla peste.
Li ho convinti a lasciarmi venire perché hanno capito che a me piace avere tanti amici e mi hanno dato il permesso. E sono qui per diventare anche vostra amica, e a voi amici voglio raccontare un po’ la mia storia.
Sono di Palermo. La mia famiglia era nobile e ricca; ma a me quella vita tra nobili e ricchi proprio non piaceva e allora decisi di trovare rifugio presso una grotta su un monte chiamato Monte Pellegrino, perché volevo vivere di nascosto in penitenza e preghiera. Ci sono riuscita solo per poco tempo, perché dopo un po’, tanta gente veniva sul monte in pellegrinaggio. Finalmente una volta che sono rimasta sola, ho approfittato, in silenzio, di mettermi le ali per volare in cielo. Quelle ali speciali che ho messo anche questa sera per venirvi a trovare. E adesso le metto di nuovo per tornare su in cielo. Ma non mi dimenticherò di voi che siete stati così gentili con me.
KATERI TEKAKWITHA
Sono Santa Kateri Tekakwitha. Non importa se ho un nome difficile; perché sono un’indiana d’America, e sono stata proclamata santa dal Papa solo da un anno. Ma in cielo lo ero già da tempo, da quando Gesù, che abbracciava anche i lebbrosi, ha abbracciato me che avevo il volto consumato da una brutta malattia.
Ma vi racconto la mia storia. Sono nata in una città degli Stati Uniti d’America.
In seguito a un’epidemia di vaiolo, la mia mamma è morta quando avevo solo 4 anni. E il vaiolo ha sfigurato anche il mio volto.
Avevo 20 anni quando, dopo una seria preparazione, sono stata battezzata nella religione cattolica.
La mia famiglia non era contenta e, per praticare la religione cattolica, sono stata costretta a fuggire da casa, accolta in Canada da una missione dei Padri gesuiti.
La grazia di Dio ha operato in me con una abbondanza straordinaria. Così a soli 24 anni ero già pronta per il Paradiso.