Una testimonianza inedita (Novella)

Sfogliando vecchie carte conservate nell’Archivio parrocchiale, mi è capitato tra le mani un manoscritto, molto rovinato e incompleto, ma con bella grafia, che subito mi è sembrato di un certo interesse. Non dovrebbe essere molto antico. Il testo, in latino non classico, fa supporre si tratti di una traduzione dal greco (il nome Pietro è sempre scritto Petros e non Petrus). Ho provato a farne, con molta difficoltà, una traduzione in italiano, certamente approssimativa, – visto lo stato del documento stesso e la mancanza di punteggiatura accurata -, in attesa di trovare un esperto che ne faccia una traduzione ufficiale, se ne vale la pena.   (elledici)

Eravamo ormai da alcuni giorni ospiti presso … (parola illeggibile, ndr); Pietro era incerto se prolungare la sua permanenza o dirigersi verso Roma. Da una parte provavamo gioia perché la parola era stata bene accolta e già prometteva buoni frutti, e Pietro e gli altri, stanchi per il lungo viaggio, stavamo recuperando energie, godendo dell’amicizia dei fratelli che ogni giorno si aggiungevano a noi, e del clima favorevole nella casa accogliente dalla quale, oltre la Via Latina, lo sguardo si spingeva sull’ampia pianura fino ai monti non lontani. Dall’altra parte, il desiderio di Pietro, ma anche nostro, di raggiungere presto Roma, era forte. Verso le tre del pomeriggio, Pietro all’improvviso, come rispondendo ad una voce, si è raccolto in preghiera; ma ogni tanto guardava verso la porta della stanza, come se aspettasse, da un momento all’altro, la visita di qualcuno. Non passò molto tempo che vedemmo comparire due uomini. Si vedeva che erano due servi, ma nel loro modo di vestire e nel loro parlare mostravamo una certa nobiltà. Con tono dimesso ma sicuro, chiesero se era in casa un certo Simone, detto anche Pietro.

Pietro andò incontro agli uomini e disse: “Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?”. Risposero: “Il nostro padrone, il centurione Marco Lollio, uomo giusto e timorato di Dio, e stimato da tutto il popolo della città, ha saputo del tuo arrivo e ci ha mandati ad invitarti nella sua casa, per ascoltare da te la parola”. Pietro allora li fece entrare e li accolse con segni di amicizia. Mentre noi eravamo perplessi, Pietro era sereno e, con un cenno, volle rassicurare anche noi. Poi, come sussurrando, aggiunse: “Credo di conoscere questo centurione; ed è mio grande desiderio parlargli e ascoltarlo”.

Ci mettemmo subito in cammino seguendo i due servi. Nelle vicinanze dei Grandi Archi, ci fecero deviare per una via secondaria, passando per i Piccoli Archi .

All’interno della città la folla numerosa e rumorosa penso non si accorse di noi. Solo davanti al tempio un tale, riconoscendoci come stranieri, ci guardò con atteggiamento sospettoso.

Il centurione Marco Lollio stava ad aspettarci ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi. Mentre Pietro stava per entrare, il centurione gli andò incontro, come si va incontro ad un amico. E Pietro, conversando con lui, entrò e, trovate riunite molte persone, disse loro: “Sono venuto senza esitare quando mi avete mandato a chiamare. Vorrei dunque chiedere: per quale ragione mi avete fatto venire?”. Marco allora rispose: «Due giorni or sono stavo raccolto in preghiera nella mia casa, quando ho sentito come una voce che diceva: ‘Marco, sono state esaudite le tue preghiere davanti a Dio. E’ qui nei pressi Simone chiamato anche Pietro; egli è ospite nella casa di Anicio, fuori città, sulla Via Latina’. Allora ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato. Poi anch’io ho cose importanti da farti conoscere”.

Pietro prese la parola e disse: “In verità ogni giorno comprendo di più che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Nel mio pellegrinare tra le genti, il Signore questo mi ha fatto sperimentare; perché questa è la sua volontà: che tutti nel Nome del Signore Gesù si aprano alla verità. Questa è la parola che egli ci ha inviato, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti. Io vi annuncio ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme”.

Poi prese la parola un tale chiamato Valerio: “Questo ci ha narrato Marco e questo noi sappiamo e questo crediamo: che Gesù di Nazareth, uomo giusto e accreditato presso Dio, annunciò la buona novella della salvezza non solo ai figli d’Israele, ma volle incontrare e manifestare la sua benevolenza anche a noi che eravamo i lontani; che i Giudei non gli hanno creduto e che lo fecero uccidere appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che i testimoni prescelti da Dio, coloro che lo avevano seguito dalla Galilea, annunciassero in tutto il mondo la sua risurrezione dai morti e attestassero che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio; e che chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome”. Grande fu la nostra gioia nel ritrovarci tra fratelli che condividevano la nostra speranza.

Pietro allora si raccolse in preghiera; poi impose a tutti loro le mani e lo Spirito Santo scese sopra tutti i presenti.

Marco Lollio prese allora la parola e disse: “Il mio nome è Marco e sono un centurione. Fedele al mio imperatore, ho guidato in guerra centinaia di uomini, ho insegnato ai miei soldati il gusto della lotta e li ho abituati a diventare insensibili davanti alla paura, al dolore ed alla morte. Non avrei mai immaginato che, quasi alla fine della mia carriera militare, proprio io avrei smentito i miei insegnamenti. Dopo 40 anni di fedeltà e di indiscussa obbedienza al Romano Impero, sono stato mandato a Gerusalemme per completare il servizio militare.

La settimana, che gli ebrei festeggiano per prepararsi ad una loro festa, la Pasqua, è cominciata male. Il popolo riversato per le vie osannava un uomo, che cavalcava una asina. Fortunatamente non vi sono stati tumulti, ma l’aria era tesa. Infatti, qualche giorno dopo, quel medesimo straniero, che tutti avevano acclamato come re, è stato portato in prigione.

La mattina dopo non ero di servizio, ma mi hanno ordinato di scortare alcuni condannati sul luogo della loro esecuzione. Ho tentato di opporre alcune giustificazioni, ma la legge militare è dura ed ho dovuto ubbidire. Insieme con i miei soldati sono andato al Pretorio a prendere i condannati. Tra quelli vi era l’uomo che solo pochi giorni prima era stato accolto in trionfo. L’ho guardato negli occhi ed ho capito che era innocente; ho esperienza di uomini e tante volte ho eseguito condanne capitali. Questa, però, era diversa. Ho cercato di fare forza al mio animo; ma quando ho visto il Nazareno che sulla croce guardava con amore i suoi aguzzini e li perdonava, confesso che una strana angoscia mi ha afferrato il cuore.

Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?

Mi risuonano ancora, dentro, pesanti, quelle parole.

Quel forte grido; e quella testa grondante sangue reclinata dal mio lato come per un richiamo.

Tu non c’eri, Pietro; ma credimi. Quel grido di dolore e di preghiera; la madre lì accanto impietrita dal dolore. Quasi con disagio alzai gli occhi verso quel volto martoriato. La bocca serrata nell’immobilità della morte mi parve che parlasse e attendesse una risposta. E venne la risposta. Solo più tardi compresi che avevo ascoltato la mia voce mentre proclamava: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!».

Siamo rimasti in raccolto silenzio; non so per quanto tempo. Era il tramonto quando con gioia, dopo aver lodato